Percorrendo la via che dal castello di San Salvatore in Susegana conduce al castello di Collalto, la vista spazia da un lato sulla fertile pianura trevigiana in cui si apre, sfuggendo alla stretta dolomitica, il fiume Piave e dall’altro sugli splendidi e in contaminati rilievi delle Prealpi. Sono terreni che da secoli appartengono alla famiglia Collalto che ha continuato a coltivarli nel tempo con immutata volontà e passione. Numerosi documenti storici testimoniano la presenza in loco di vigne (“vineas” come riportano i testi), di cui i moderni vigneti attualmente esistenti sono la logica evoluzione ed il frutto delle conoscenze acquisite nel tempo. Nel corso degli anni l’azienda ha sempre dato grande importanza al miglioramento di alcuni vitigni che, per tipicità e adattabilità alle condizioni pedoclimatiche della zona, destavano particolare interesse sia nella vinificazione in purezza che negli uvaggi. È questo il caso del Wildbacher (“ruscello selvaggio” nella traduzione dal tedesco), vitigno originario della regione austriaca della Stiria, importato nella Marca Trevigiana da Rambaldo XII di Collalto nel XVII° secolo, che ha la principale zona di diffusione proprio nei terreni collinari della frazione di Collalto. Ma è anche il caso dell’ Incrocio Manzoni 2.15 e dell’ Incrocio Manzoni 6.0.13, prodotti da una selezione operata tra gli anni ’30 e ’40 dal professor Manzoni (allora Preside della Scuola di Viticoltura ed Enologia di Conegliano) nel corso di un’appassionata ricerca alla quale l’azienda Collalto ha collaborato mettendo a disposizione i terreni per la sperimentazione. Dagli inizi del XX° secolo ai vitigni locali (tra i quali si distinguevano il Raboso e il Marzemino, il Verdiso ed il Prosecco), se ne affiancano altri provenienti da diverse regioni italiane ed europee: Cabernet, Merlot, Riesling, Sauvignon e Pinot si diffondono molto velocemente all’interno del territorio dando vita ad un patrimonio viticolo molto più ampio, che l’azienda interpreta in maniera tale da preservare nei vini le caratteristiche “giovanili” e accentuare quella morbidezza che li rende godibili in tutte le occasioni di consumo.